La pandemia spiegata con le canzoni dei Marlene Kuntz

A cura di Renata Rossi

Ci risiamo…

Ennesimo lockdown, una mannaia sulla salute economica e psicologica della gente, sentimenti di angoscia e preoccupazione per la salute propria e quella degli altri, ansia, stress, insonnia, una continua incertezza sul futuro che ci aspetta. In pochi hanno colto questo periodo come l’occasione di staccare un po’ dalla frenesia della quotidianità, si continua a vivere una vita che non vorremmo, che non ci appartiene, che ci costringe a stare soli, sempre di più.

Qualcosa ci resta, fortunatamente, le pagine di un buon libro, le immagini dei film, il conforto di una canzone.

Sabato sera i Marlene Kuntz hanno suonato live, ospiti dell’edizione 2020 del Barezzi Festival. Un concerto quanto meno particolare, in live streaming dallo splendido Teatro Regio di Parma. Le emozioni provate sono state molteplici, la musica e le parole di Godano e soci mi hanno come sempre convinto, credo che in Italia dal vivo i Marlene abbiano pochi rivali. Al solito la doppia anima marlenica è venuta fuori, la capacità di mescolare melodia e rumore, un suono compatto e granitico ad una poetica sublime.

Tuttavia, nonostante il forte coinvolgimento emotivo, io, come credo chiunque si sia messo davanti allo schermo a seguire il concerto, non ho potuto far altro che pensare agli splendidi momenti in cui mi ritrovavo lì davanti al palco ad urlare e saltare insieme ai miei beniamini, ho sentito i ragazzi cuneesi vicini e distanti nello stesso tempo. Ho riflettuto sul fatto che alcuni dei loro brani, come sottolineato anche dallo stesso Godano durante il live, sembrano dipingere al meglio i sentimenti che stiamo vivendo durante questa pandemia: l’alienazione, l’angoscia, il desiderio di scappare da tutto e tutti.

 

L’ABBRACCIO

L’abbraccio è l’abbraccio, oggi ne sentiamo la mancanza come non mai e, anche metaforicamente, dobbiamo capire quanto sia necessario un abbraccio collettivo, una visione comune che ci faccia andare avanti uniti e coesi.

Un giorno o l’altro io prendo coraggio e ti abbraccio
Un giorno o l’altro io prendo coraggio e ti abbraccio

 

OSJA, AMORE MIO

Questa canzone è ispirata alla figura del letterato russo Osip Emil’evič Mandel’štam, la canzone è scritta dal punto di vista della moglie, la pittrice e scrittrice Nadežda Jakovlevna Mandel’štam. Nadia capisce che la fine del marito, vittima delle persecuzioni durante la dittatura stalinania è vicina. Decide dunque di imparare a memoria tutti i versi del poeta per poterli tramandare alle generazioni future. Godano, durante il live, ha evidenziato come ci sia un’attinenza con i possibili focolai dittatoriali che sembrano esserci anche ai nostri giorni.

Osja, amore mio
Forse tornerai
E io non ci sarò più
Se mi senti dimmi dove sei

CATASTROFE

Il titolo è emblematico di una situazione difficile, irreversibile. Il protagonista Gioele si trova costretto dalla povertà ai margini della società, un destino triste che in un attimo potrebbe toccare a chiunque

Come stai, Gioele?
E come va la tua catastrofe?
Sei sempre là, ai portici,
Al gelo che ti logora senza limite

 

INELUTTABILE

Questa canzone ha più di vent’anni ma sembra essere stata scritta per descrivere al meglio le sensazioni che ci pervadono in questo periodo. Il virus  ci ha reso impossibilitati alla lotta, immobili, “carne esanime e sfinita”. La nostra vita non è una  “vita vera” tutto al momento sembra “nero come angoscia e amaro come fiele”.

Nessuna possibilità di condividere sfiducia
Costretti a un’immobilità colpevole

 

 

FESTA MESTA

Qui si gioca sull’ironia che è una delle poche armi che possiamo usare in questi momenti difficili. Ad ottobre, in uno dei tanti DPCM che si sono susseguiti da marzo in avanti, il premier Conte, considerati i focolai che si sono sviluppati dopo battesimi, compleanni, matrimoni, ha di fatto vietato le feste. Non so a voi, ma a me è venuta in mente questa canzone qui, il cui inizio parla chiaro:

Complimenti per la festa! Una festa del cazzo

 

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