[Recensione] El Santo: un disco a lieto fine

EL SANTO

Il giorno dopo il lieto fine
(Seltz Recordz/Viceversa Records)

 

TRACKLIST

1. Benzodiazepina
2. Skin
3. Se la sete deve bruciarmi
4. Jesoo, 34 anni
5. La voce che ho in corpo
6. Lagrima (andrei in Brasile)
7. Alessandria
8. Paradisi Pratici
9. Nulla si distrugge
10. Juda fa Juda
11. 18 Agosto

 

A cura di Renata Rossi

 

Per noi questo album è il mondo a misura di bambino: gli spigoli ci sono ma sono protetti, gli spazi sono
tutti da esplorare, la linea d’orizzonte è un segno a matita e i confini tra noi e il mondo si perdono. Perché
siamo dentro alle canzoni e lì ci sentiamo al sicuro.

 

El Santo è un progetto musicale nato nel 2011 dalla collaborazione tra i tre ex La Stasi Giorgio Scorza, Daniele Mantegazza e Lorenzo Borroni e Pasquale “Paz” De Fina (Volwo, Atleticodefina), quest’ultimo in qualità di produttore artistico e di membro aggiunto della band durante la prima fase dell’attività live.
A distanza di 8 anni dall’esordio Il topo che stava nel mio muro, la band si ripresenta con un lavoro che risente, in maniera più che positiva, degli anni trascorsi a moltiplicare le esperienze artistiche, tra cui l’Hard Rock Cafè Rising on the Road Tour che li ha visti condividere il palco con band del calibro Velvet, The Fratellis, The Carnabys e Negramaro.

E così le esperienze, i viaggi, diventano nutrimento per la musica che acquista linguaggi e sfumature diverse. Suoni evocativi e lisergici lasciano spazio alle chitarre e al rock, l’intensità, il lirismo pop aprono ad atmosfere desertiche e blues.
Maturo e compatto,  Il giorno dopo il lieto fine, che vede anche stavolta lo zampino di Paz De Fina al mix e alle registrazioni oltre che come musicista, è un disco che ha nelle atmosfere rarefatte e desertiche e nell’uso sapiente e calibrato delle chitarre il vero motore dei brani, con i testi di Giorgio Scorza che miscelano sapientemente poesia e racconto, muovendosi tra urgenza e riflessione in maniera estremamente efficace.

Una nota di merito tra i brani al singolo  La Voce che ho in corpo, impreziosito dal mood elettronico di Davide Ferrario e dal Sax di Roberto Romano, e l’intensa cavalcata di Jesoo, 34 anni, il cui incipit dà il titolo al disco.

 

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