[Recensione] Amiamo ancora Manuel Agnelli?

ph. Lucia Cirillo

 

Manuel Agnelli

Ama il prossimo tuo come te stesso

(Universal Music Italia)

 

A cura di Renata Rossi

 

1. Tra mille anni mille anni fa
2. Signorina mani avanti
3. Proci
4. Milano con la peste
5. Lo sposo sulla torta
6. Severodonetsk
7. Guerra e pop corn
8. Pam Pum Pam
9. La profondità degli abissi
10. Ama il prossimo tuo come te stesso

 

Il mese di settembre è stato ricco di uscite musicali, tra nuove rivelazioni e ritorni in-attesi. Sulla nostra pagina vi abbiamo parlato di due dischi che ci stanno molto a cuore, Marlene Kuntz e Edda. Ne mancavano all’appello almeno due che non abbiamo potuto fare a meno di ascoltare: uno è quello dei Verdena, rock band osannata dai suoi fan, che non dava loro notizie da tanti, troppi anni. L’altro, uscito il trenta settembre per Universal Music Italia, è Ama il prossimo tuo come te stesso primo lavoro solista di Manuel Agnelli, storico leader degli Afterhours.
A proposito degli Afterhours, ci eravamo lasciati con il racconto di una serata unica, celebrativa, quella del live al Mediolanum Forum di Milano. Un live che voleva ripercorrere la storia di quella che probabilmente è stata la più grande rock band italiana degli ultimi trent’anni, insieme soltanto ai Marlene Kuntz.

Da quel concerto nacque anche Noi siamo Afterhours (live at Mediolanum Forum), un doppio album live. Il titolo del DVD e l’atmosfera vissuta durante quella serata parlano chiaro, gli Afterhours sono (stati) una band, un insieme di ottimi musicisti, se pur in una formazione mutata negli anni. Ciascuno di loro ha contribuito a dare un’impronta importante al suono della band. E gli ultimi musicisti in particolare sono tutti dei fuoriclasse, dimostrazione ne sia il loro successo anche nei rispettivi side-project.

Non so se si tratti di gelosia, o semplicemente del fatto che Agnelli è uno degli artisti più antipatici e scomodi dell’universo rock italiano, ma le dichiarazioni sulla band rilasciate nell’ultimo periodo sono state a dir poco velenose. Un voler rivendicare a tutti i costi la paternità dei brani della band, il sentirsi l’unico e solo Afterhours, come se il contributo degli altri fosse stato nullo, il peso del gruppo eccessivo, ingombrante, soffocante.

Agnelli è a tutti gli effetti un accentratore, una prima donna che non ama stare vicino a musicisti che possano in qualche modo metterlo in ombra, artisti con uno stile personale ben contraddistinto. Negli ultimi anni capitava che tanti appassionati degli Afterhours si ritrovassero sotto il palco per ascoltare non solo il leader maximo Agnelli ma il genio pazzoide di Xabier Iriondo, lo struggente violino di Rodrigo D’Erasmo, l’animo freak di Roberto Dell’Era, la potenza di Fabio Rondanini, la classe della chitarra di Stefano Pilia. Sul palco i suoi musicisti rubavano talvolta la scena a Manuel e fuori dal palco dettavano idee non sempre condivise dal cantante.

Anche le posizioni assunte nel corso degli anni da Manuel sono spesso difficilmente condivisibili o quantomeno contradditorie. Ad esempio il fatto che da sempre difenda la musica underground, salvo poi decidere di fare televisione, partecipare come giudice di un talent e arrivare al punto di farsi paladino dei Maneskin, che proprio alternativi non sono.

Così mi sono ritrovata all’indomani dell’uscita dell’album di Manuel (fuori tra l’altro lo stesso giorno di quello dei Marlene) incapace di ascoltarlo e viverlo serenamente, un po’ per tutti i motivi elencati finora, un po’ perchè i singoli già pubblicati non mi avevano entusiasmato come speravo facessero.

La profondità degli abissi, brano che ha fatto da colonna sonora del film “Diabolik” è poco più di una b-side degli ultimi After nonostante sia arrivato a meritare la vittoria del David di Donatello. Pam Pum Pam è invece una dichiarazione d’intenti di quello che si ascolta anche in altri pezzi dell’album: pianoforte, orchestrazioni e la voce diretta e sincera di Manuel. Signorina mani avanti tira fuori il rock chitarristico di Agnelli ma la sua grinta stavolta non graffia come dovrebbe.
Sicuramente offre qualcosa in più, se non altro nelle intenzioni, Proci, pezzo abrasivo di un Agnelli incazzato, torbido, che riesce a stupire e a lasciare il segno.

Fino a qui i quattro pezzi usciti prima della pubblicazione dell’album, un album che già nel titolo è intenzionalmente ironico. Ama il prossimo tuo come te stesso racconta in modo dissacrante la difficoltà che abbiamo nell’amare innanzitutto noi stessi. Se non ci vogliamo bene, come possiamo pensare di riuscire a volerne agli altri?
L’album mette inoltre al centro del racconto personale le brutture che ci è toccato vivere negli ultimi tempi, tra queste la pandemia (Milano con la peste) che anziché renderci persone migliori ha fatto emergere crepe, ferite, cicatrici. Tra i brani proposti, Lo sposo sulla torta possiede la giocosità di canzoni del passato di Agnelli e si avvicina alla divertente La Sinfonia Dei Topi, tratta dall’album Siam Tre Piccoli Porcellin degli Afterhours.
Severodonetsk è invece un omaggio smaccato ad una delle canzoni più famose e acclamate dal pubblico della band, Male di Miele.

L’AMORE

Parlare d’amore non è certo una grossa novità; la canzone italica non parla d’altro se non di questo: sentimenti, passioni, gelosie, tradimenti. Ma se pure non è certo l’originalità a spiccare nelle canzoni di Agnelli che parlano d’amore e che utilizzano testi che appaiono più essenziali e semplici che in passato (un esempio su tutti l’utilizzo della rima cuore-amore) il nostro però risulta emozionante e toccante come non mai.

Sarà il fatto che questo è un suo album, suonato, pensato, voluto fortemente dal cantante milanese, ma oggi Manuel riesce ad aprirsi di più, il non subire alcuna influenza esterna lo mostra sincero, nudo, vero. La potenza della sua voce è poi amplificata quando si esprime con le note del pianoforte, strumento già utilizzato in passato ma mai protagonista come questa volta. E allora i brani migliori risultano proprio le ballate in cui sentiamo il cuore sciogliersi e formarsi un groppo in gola.

Tra mille anni mille anni fa apre proprio con la voce e il piano di Agnelli, e continua con l’accompagnamento del violino di D’erasmo che è quasi un pianto, il singhiozzo che non può essere trattenuto quando la persona che amiamo non è più con noi.

Sei inevitabile

adesso che non ci sei più

Milano con la peste è un altro di quei brani che commuove, colpisce dritto al cuore, fa riaffiorare l’angoscia provata durante la pandemia, quando le persone che amavamo erano soltanto voci, ricordi, sogni.

A chiusura dell’album c’è la title-track, che ripercorre ancora una volta la nostra esistenza, un viaggio lungo le nostre esperienze vissute.  Ama il prossimo tuo come te stesso è a tratti struggente e commovente; fa soffrire, pensare a chi ci fa battere il cuore, a chi ci permette di vivere. Ci ricorda come sia impossibile riuscire a dimenticare gli amori passati, i nostri errori, i segreti incoffesabili della nostra anima e fa riemergere quelle ferite che speravamo si fossero cicatrizzate.

 

Non mi ero accorto dei tuoi occhi limpidi
Senza quell’ombra non li avevo visti mai
La tua amante scura che
Amavo quanto amavo te
E non combatti ciò che ti fa vivere
Ma com’era baciarmi le labbra
La pelle, sentirti sola più che mai?
Mentre lui ti ridava la vita
E forse così la ridava un po’ anche a me
Tutti hanno un segreto in cuore
Che è sbagliato scoprire
Tu ne hai uno per me, amore
E chissà se per lui sono io
Che noi cresciamo è una bellissima bugia
C’appoggiamo un po’ alla nebbia intorno a noi
Mi hai perdonato per
O avermi perdonato, amore mio
Non puoi uccidere chi ti fa vivere
Ma com’è quando baci le labbra?
La pelle, ti senti sola più che mai
Aspettando qualcosa di grande
Qualcosa di grande che non arriverà
Cosa provi a baciargli le labbra
La pelle, a sentirti sola più che mai?
Tu da lui rivolevi la vita
E invece così l’ha rubata lui a te
Tutti hanno un segreto in cuore
E chissà se ora il tuo sono io