[Recensione] Arctic Monkeys e l’eleganza misteriosa del nuovo album “The Car”

Credit Foto: Zackery Micheal

 

A cura di Erica Biscuolo

 

Arctic Monkeys

The Car
[ Domino Records – 2022 ]

 

Tracklist:

‘There’d Better Be a Mirrorball’

‘I Ain’t Quite Where I Think I Am’

‘Sculptures Of Anything Goes’

‘Jet Skis On The Moat’

‘Body Paint’

‘The Car’

‘Big Ideas’

‘Hello You’

‘Mr Schwartz’

‘Perfect Sense’

 

I fan degli Arctic Monkeys lo sanno: quando la band annuncia un nuovo progetto è impossibile immaginare cosa aspettarsi. 

La band britannica, campionessa di incassi, nel corso degli anni ha saputo evolversi e cambiare generi e atmosfere, dal garage punk e il rock alternativo dei primi album (Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not, Who the Fuck Are Arctic Monkeys?, Favourite Worst Nightmare) al grandioso successo di AM, ricco di hit che hanno portato la band a scalare le classifiche della Billboard Hot 100, fino al completo cambiamento di rotta, avvenuto nel 2018, con Tranquility Base Hotel & Casino che, con le sue sonorità da jazz bar anni Quaranta,  aveva spiazzato l’intera fan base.

The Car, il settimo disco della band in uscita il 21 ottobre, prosegue nella direzione intrapresa dal tanto discusso precedente Tranquility Base Hotel & Casino: ormai non c’è più traccia del rock maleducato che aveva segnato gli inizi del gruppo, e le chitarre sporche e irriverenti sono state sostituite da un’eleganza dal sapore retrò che fa apparire l’album più come un progetto solista del carismatico frontman, Alex Turner, che un disco nato dalla stessa formazione di R U MINE?.

Che si ami o si odi il nuovo stile della band, è impossibile non riconoscere la raffinatezza delle composizioni, il gusto e la ricercatezza degli arrangiamenti che non disprezzano momenti orchestrali e tappeti delicati di archi  (pensiamo ai brani di chiusura Mr Schwartz e Perfect Sense), e i fraseggi lunghi e intricati di Turner, i cui testi intimi e contemplativi si sposano perfettamente con la voce vellutata del cantante. 

All’ascolto ci immergiamo in un album adulto e dalle atmosfere lussuose e lussureggianti, particolarmente riuscite in brani come nella traccia d’apertura, There’d Better Be a Mirrorball, in Body Paint e nella bella e misteriosa Jet Skis On The Moon

Non è però tutto oro quello che luccica, e l’impressione che spesso tradisce è quella di un progetto a cui manca originalità, a cui manca quella scintilla di follia che rendeva Tranquility Base Hotel & Casino un viaggio straniante sulla luna, un film fantascientifico girato dalla mano sapiente di Stanley Kubrick. Insomma, gli Arctic Monkeys sono tornati con i piedi per terra e si sono svegliati dal delirio onirico di Star Treatment, di cui, ahimè, sento già nostalgia. 

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