
Parole di Francesca Ciardullo
Foto di Pietro Bitonte
Tarvosthedwarf e M.A.D. Productions hanno portato ancora una volta il metallo nell’aula liberata del cubo 18C dell’Università della Calabria: Global Horror, Bastet, Acrylate.
L’evento si preannunciava imperdibile già da diversi giorni per gli amanti del grindcore e dell’old school death metal. E a giudicare dal numero di chiome (fluenti e non) che ho contato, le aspettative non sono state deluse.
Quattro chiacchiere con gli amici qui ritrovati, come ci piace fare in queste occasioni, e ci addentriamo presto in aula.
Saltano all’occhio le suggestive stampe appese al muro dell’auletta, fra una fila di lucine e l’altra, opera del tatuatore Cristiano Klerix, che ha realizzato la locandina stessa dell’evento nonché le due rassicuranti figure di zombies che abbiamo visto tappezzare i muri di Cosenza in questi giorni.
Ad aprire la serata sono i Bastet, band heavy metal romagnola che vede Nico Gilli alla voce (più la osservo, più mi sembra di vedere una specie di Loreena Mckennitt indemoniata), Mike Petrone alla chitarra (autore di tutte le musiche), Leonardo Baiocco al basso e Fabio Alessandrini alla batteria. Il loro set è fatto per lo più dai pezzi che compongono l’album “Bastet”, una scaletta concisa ma adrenalinica e sudatissima da capo a piede che spazia dall’heavy a un hard più moderno: “Heavy changes”, “Reckless”, “Don’t look back”, “Breathless”, “Madness”, “Lights out” e “Beyond the fight”.
A seguire entrano in scena gli Acrylate, band thrash-metal calabrese (nella fattispecie di Crotone) presente nella scena da circa un ventennio. Ad aprire le danze thrash è “Red Snake”, poi “Chemical defection” (che da il nome al loro primo full length), “Fight the pain”, “Black Fog”, “Evil hand” e l’omonima “Acrylate”. Pezzi come “Foul play” e “106 (the killing road)” ci ricordano quanto nel songwriting degli Acrylate vengono sviscerate questioni sociali concrete come la lotta alle mafie o la strage di Erba, tanto per citarne qualcuna.
La performance è di livello come sempre, lo scream del cantante-chitarrista affilato e tagliente, impeccabile anche negli sporadici momenti in growl.
L’elevato tasso di torsi nudi nel pubblico pogante è metro di misura del coinvolgimento: è il vantaggio di suonare “in casa” o quello di aver fatto la storia dell’underground?
Tocca ora agli headliner della serata: i Global Horror, band grindcore franco-spagnola con sede a Bordeaux.
Il loro è un grindcore misto a crust e a death metal nei punti giusti. Le influenze sono quelle di band come i Napalm Death, Repulsion, Disrupt, Nihilist o Extreme Noise Terror.
Ritmi violenti, veloci, precisi, che continuano a infiammare gli animi dei presenti scatenati fra pogo e moshpit. Impossibile non notare il batterista, molto “pulito” nell’aspetto, alla mano, disponibile a chiacchierare di musica prima e dopo il concerto, ma una macchina da guerra incontenibile una volta seduto allo sgabello. La scaletta è molto variegata: da “Global terror sewer” ascoltiamo “Nymphomaniac”, “Rockstar”, “Popole Emploi”. Da “Welcome to your life” ascoltiamo l’omonima “Welcome to your life”, “Fuck sexism”, “Up the noise for the punk” e “Foot bollocks”.
Anche stasera il metal è stato omaggiato in maniera genuina e con la giusta attitudine.

di +o- POP