Parole a cura di Serena Coletti
Photostory a cura di Gloria Imbrogno
Se vi trovavate in zona Eur, a Roma, la notte del 4 Maggio e avete visto passare persone sudate in maniera eccessiva ma stranamente sorridenti non preoccupatevi: i The Zen Circus hanno portato all’Atlantico il loro “Il fuoco in una stanza” e hanno scaldato tutto il locale. In apertura i La notte, band fiorentina che ha presentato il suo album Volevo fare bene.
Forse qualche fan di vecchia data non troppo aggiornato sull’ultimo album avrà sudato freddo nel sentire che l’ingresso sul palco della band veniva annunciato dallo storico brano di Gino Paoli, “Il cielo in una stanza”, ma Appino e compagni hanno subito messo in chiaro la differenza tra l’atmosfera di leggerezza evocata dal cantautore friulano, al quale si sono ispirati per il titolo del disco uscito a marzo, e il loro fuoco, iniziando a scaldare il pubblico proprio con la prima canzone dell’album, “Catene”. Le prime parole rivolte agli spettatori poi sono un rituale di benvenuto nel Circo Zen, e servono a spiegare l’unica regola in vigore per il resto della serata “Più voi fate casino, più noi facciamo casino”.
Il pubblico romano ha colto al volo il messaggio dando vita ad uno show estremamente agitato e partecipato, mentre la band spaziava tra lavori più recenti e altri come “Vent’anni”, “I qualunquisti”, “Ragazzo eroe”, “Figlio di puttana”, “Nati per subire”, “La canzone di natale” e l’inevitabile “Andate tutti affanculo” uscite ormai da quasi 10 anni. Il tutto è stato portato avanti da un dialogo sempre più approfondito tra Andrea Appino, che miracolosamente aveva fiato anche negli intervalli, visto che durante le canzoni ha corso attraversando più e più volte il palco da destra a sinistra, e “Ufo”, Massimiliano Schiavelli. La conseguenza positiva di questo pogo diffusissimo e scatenato è stato il numero davvero basso di persone con il telefono in mano per fare foto o video, abitudine che ormai ha conquistato i concerti di qualsiasi genere. Non contenti però, gli Zen Circus hanno esplicitamente chiesto, prima di suonare “La teoria delle stringhe”, di mettere via tutti i cellulari per godersi al massimo la canzone e farsi più male possibile.
Non sono mancati anche momenti più lenti, nei quali comunque i musicisti hanno comunque dimostrato la loro abilità di trascinatori. Tra questi veramente degna di nota è stata l’esecuzione di “Caro Luca”, per la quale Appino si è fatto accompagnare solo dal pianoforte; forse, essendo il penultimo brano in scaletta, ha giocato un ruolo importante anche la stanchezza, l’eccitazione delle ultime due ore. L’emozione è stata davvero tanta, e anche gli occhi del cantante sembravano velati da un accenno di commozione, tanto che, prima di chiudere in bellezza con “Viva”, ha invitato tutti a tenersi vicino le persone alle quali tenessero davvero, prima che fosse troppo tardi per ripensarci.
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di +o- POP