Una vita in 4/4, tornano i Cor Veleno

A cura di Serena Coletti

Cor Veleno

Lo Spirito che Suona
(distr. Artist First)

 

TRACKLIST

  1.  L’ ANTIFONA
  2. NON  COSTA NIENTE_feat.  ADRIANO VITERBINI
  3. SERVONO  PIETRE_feat. ADRIANO  VITERBIN
  4. QUESTE  STRADE_feat.  JOHNNY MARSIGLIA
  5. QUALUNQUE  COSA ACCADA_feat.  MADMAN
  6. NIENTE  IN CAMBIO_feat.  GIULIANO SANGIORGI  & ROY PACI
  7. SACROSANTO
  8. CITTÀ  DI VETRO_feat.  MEZZOSANGUE
  9. PEPITA  BLUEMOON_feat.  MARRACASH
  10. RAP  THE CASBAH
  11. IL  NOME DEL  TUO ESERCITO  feat ADRIANO VITERBINI
  12. CONTA  SU DI ME_feat.  COEZ
  13. LO  SPIRITO CHE  SUONA_feat. GIULIANO  SANGIORGI
  14. SHUT  THA FUCK UP
  15. UNA  RIMA, UNA  JAM_feat. COEZ  & GEMITAIZ
  16. TUTTA  LA VITA
  17. A  PIENO TITOLO   

 

Nel lontanissimo 1999 i Cor Veleno, storica band rap romana composta da Primo Brown, Grandi Numeri e Squarta, pubblicavano la loro prima canzone (prodotta da dj Detor) che a oggi, quasi 20 anni più tardi, rimane una delle più conosciute e amate del trio. Si tratta di “21 Tyson”, e il messaggio è molto semplice: non puoi abbattere 21 Tyson.

“Torturo fogli finché non parlano, ho tempi brevi intorno al collo

più mi muovo più loro mi stringono. Mi occupo col bisturi di metriche

da un lato ho rime e numeri, dall’altro dò prove in decibel.
Misuro frasi perché il loro è un prezzo altissimo
e un mercenario le usa gratis per dare spettacolo.
Ventuno Tyson, ognuno un peso massimo
Ventuno Tyson, sai già il pronostico”

(Cor Veleno, “21 Tyson”, da “Sotto Assedio”, 1999)

Da quell’esordio discografico gli album si sono accumulati fino al 2010 diventando 5, accompagnati da progetti laterali dei vari componenti, ma hanno sempre mantenuto una caratteristica rara nello scenario, l’incredibile apertura mentale dei suoi componenti, prima di tutti di Squarta, il producer, hanno consentito al gruppo di esplorare suoni sempre nuovi pur rimanendo molto legati all’hip hop tradizionale. I testi, al contrario, sono più legati ai temi tradizionali, rappresentando un’unione unica tra la delicatezza dei sentimenti e quella che viene definita la “fotta”, la grinta. In particolare, Primo nei suoi versi ha esplicitato un atteggiamento tanto attivo da sembrare quasi aggressivo nei confronti della vita, delle avversità, criticando chi invece si lasciava sopraffare da queste, e indicando la musica più spinta proprio come ancora di salvezza e forza propulsiva.

“Punk alla deriva avete voglia di farvi male
Sono felice di potervi soddisfare
Nei vostri buchi io nemmeno ci guardo
Perché strozzo le mie fisse dentro un suono bastardo!”

(Primo & Squarta, “Non me ne fotte un cazzo”, da “Bomboclat”, 2005)

Invece, durante l’ultima notte del 2015, Primo Brown, ovvero David Belardi, è stato sconfitto da una malattia più grande di lui contro la quale lottava da mesi. A quanto pare, però, la sua voce non aveva proprio intenzione di spegnersi, perché da allora ha continuato a suonare grazie anche all’amore di tantissimi altri artisti che non hanno perso occasione per ricordare il loro compagno di viaggio.
Arriviamo quindi al 26/10/2018, giorno in cui succede qualcosa che i fan dei Cor Veleno e di Primo probabilmente non osavano neanche sperare, viene pubblicato un nuovo album, “Lo Spirito che Suona”, dei Cor Veleno. Squarta e Grandi hanno deciso di affrontare il lascito del Primero, lavorando per più di un anno su pezzi di registrazioni che non erano stati usati perché quella voce non rimanesse chiusa in qualche archivio.

“Sul mio domani mami le vostre mani lerce
Mai avute ma se tengo le risorse in cassaforte
Nessuno può sentirla la mia cassa forte”

(Primo & Tormento,  “Mantenere”, da “El Micro De Oro”, 2014)

Ma le belle sorprese non finiscono con l’uscita del disco, basta leggere la tracklist per trovarne un’altra: i Cor Veleno hanno scelto davvero tutti i pesi massimi di questa scena, i 21 Tyson che insieme sono imbattibili, per radunarli nel loro progetto, e lo hanno fatto rispettando il solito criterio di apertura mentale ed eterogeneità. Tra gli ospiti troviamo quindi in ordine di apparizione: Adriano Viterbini, Johnny Marsiglia, MadMan, Giuliano Sangiorgi, Roy Paci, Mezzosangue, Marracash, Coez, Gemitaiz e Danno, tutti uniti per un risultato massiccio e ricco, articolato in ben 17 canzoni, un viaggio nella magia del suono lungo il quale ci fa da guida Primo, “lo spirito che suona”, in persona.

L’album si apre a suon di scratch in pieno stile old style , ma già nel secondo brano, “Non costa niente”, arriva l’ululato della chitarra elettrica di un superlativo Adriano Viterbini che si fonde con la voce distorta nel ritornello.

Dopo un’altro brano accompagnato dal musicista dei Bud Spencer Blues Explosions (“Servono pietre”), arriva un ottimo feat con Johnny Marsiglia, rapper palermitano relativamente giovane ma comunque attivo già da più di dieci anni: il titolo è “Queste strade” e la canzone rappresenta un breve riassunto di anni di storie e di insegnamenti raccolti crescendo e vivendo tra le strade della città. Nonostante la grande freschezza del cantante siciliano, non sorprendente per chi ha seguito il suo ultimo album, “Memory”, il brano dalle sonorità più moderne è molto probabilmente quello che ospita MadMan, “Qualunque cosa accada”, che già dall’inizio si distingue per l’uso di una batteria, degli hat in particolare, in pieno stile trap. Sulla stessa linea anche “Pepita Bluemoon”, ballata d’amore che vede la partecipazione di Marracash.

Arriva poi l’ennesima collaborazione, questa volta davvero originale e interessante, si tratta della partecipazione in “Niente in cambio” di Giuliano Sangiorgi e Roy Paci, che proprio quest’anno era salito sul palco dell’Ariston durante Sanremo indossando la maglietta di Primo. La combinazione tra le armonie del cantante dei Negramaro e la tromba sembra cucita su misura per queste strofe, e porta l’intero album a sollevarsi leggermente dall’atmosfera urbana che comunque caratterizzava i primi brani. Non è un caso quindi che sia in questo che nell’altro brano che vede la partecipazione di Sangiorgi, la title-track, anche i testi si inseriscano in un’atmosfera più sognante (“Il giorno che non c’è più un sogno/ vi prego non svegliatemi”), che ci porta ad abbassare le difese e quindi, inevitabilmente, consente all’emozione di raggiungere direttamente la nostra anima.

“Dura un cazzo tutto quello che hai insegnato se te lo riprendi

tutto il sangue che hai sprecato se non lo difendi

il male che hai subito lo ridai più forte

ma il tuo bene era più grande della morte

e a saperlo a volte

che la cura ce l’avevo tra le mani come il rap

bastava amarti ma non mi bastavi te”

Ma arriva subito “Sacrosanto” a riportare l’album con i piedi per terra, anzi al centro della terra, alle porte dell’inferno per lasciare un segno / tanto so che in paradiso hanno già deciso. All’interno del brano c’è una citazione di “Spigne!”, dall’album “Leggenda” di Primo e Squarta, (pezzo che viene ripreso anche poche canzoni più avanti, nel feat. con Coez e Gemitaiz), ma questo viaggio negli inferi non può non ricordare un tristemente profetico ritornello cantato proprio da Primo nel lontano 2013:

“Ed è highlander la maledizione del rapper
che muore ma rimane per sempre presente!”

(Barracuda ft. Primo, “Highlander”, da “Barrecrude Mixtape vol. 3”, 2013)

Ma subito dopo, in questa oscillazione costante che caratterizza tutto “Lo spirito che suona”, si arriva a quella che probabilmente è la canzone più ermetica di tutte, “Città di vetro”. Il testo, ricco di riferimenti, rappresenta quasi una reinterpretazione nel mondo digitalizzato de “Le città invisibili” di Calvino, e vede la partecipazione di Mezzosangue, che aveva dichiarato in un’intervista di considerare Primo e Kaos i suoi padri, ovviamente a loro insaputa.

Il tema della tecnologia torna nel featuring con Coez, “Conta su di me”, che mantiene un flow estremamente scorrevole pur ammorbidendo i toni, così come in “Una rima una jam”, brano già citato nel quale si aggiunge anche la voce di Gemitaiz.

Nella parte finale del disco invece compaiono i tre brani che erano già usciti. Per primo “Shut tha Fuck Up”, che porta nello stereo il rap più animale e potente, seguito invece da “Tutta la vita”. Registro completamente diverso per questo ultimo singolo pubblicato prima dell’album, dove a parlare è un foglio bianco che narra come attraverso lui possa prendere forma tutta la vita passata e futura di chi decide di scriverci sopra, che si descrive come il più efficace strumento per lottare, e che conclude:

“Lo sai qual è il fatto?

Che è soltanto un po’ più facile guardarsi l’anima

Su un foglio bianco.”

A chiudere questo viaggio incredibile nel mondo della musica, che in mezzo a una pluralità di voci e suoni riporta a galla immagini e ricordi, poteva esserci una sola canzone: “A pieno titolo”. E’ stato questo il primo singolo pubblicato, nel lontano 2016, semplicemente come tributo a chi aveva segnato in maniera indelebile una cultura. Allora non si pensava sarebbe rientrato all’interno di un progetto più grande, di un intero album, sembrava già estremamente doloroso per Squarta e Grandi Numeri produrre un brano dopo la morte del loro compagno, della “tigre”, facendo risuonare la sua voce. Già in “A pieno titolo”, però, i due non erano soli: a cantare c’era anche Simone Eleuteri, in arte Danno, rapper della storica band Colle der Fomento. Tra i Cor Veleno e i Colle der Fomento, partiti dalla stessa piazza e poi cresciuti con le loro visioni diverse di cosa dovesse essere il rap, c’è sempre stata una sottile rivalità, ma questa non ha mai annullato un grandissimo legame affettivo, grazie al quale i versi di Danno in “A pieno titolo” suonano tanto veri e sofferti. Ancora una volta una canzone fitta di riferimenti, che però colpisce per la sua capacità di emozionare chiunque abbia seguito con passione l’evoluzione del rap romano.

“Perchè “Qui è selvaggio”, zì,

E non ci trovi dei ma solamente rime a benedirci”

 

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