OMOSUMO: SVELATE COVER E TRACKLIST DEL NUOVO OMONIMO ALBUM

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Ad due anni dal primo LP “Surfin’Gaza”, gli Omosumo stanno per pubblicare il loro secondo album, dal titolo omonimo. Sarà un album ambizioso con il quale inaugurano una nuova fase artistica, suggellando un’idea affascinante e misteriosa di fare musica. Uscirà l’11 novembre per Malintenti / Edel, e conterrà 9 brani:

1. Madre blu
2. In cielo come gli angeli
3. Un po’ di te
4. Poco prima di andare
5. Sei rintocchi di campane
6. Tornerà la polvere
7. Forse no
8. Sui tramonti di Seth
9. Sulle rive dell’est

Le nove canzoni confermano la poliedricità della band di Palermo, autrice di brani più pop (“Un po’ di te”, “In cielo come gli angeli”, “Tornerà la polvere”) o ballads come “Sei rintocchi di campane”, o le combinazioni che si sublimano in brani come “Forse no” e soprattutto in “Poco prima di andare”.

Per il missaggio del disco gli Omosumo sono finiti in Canada, affidandosi ad un creatore di mondi sonori come Colin Stewart, produttore di band come Black Mountain e Sleepy Sun.

La cover dell’album è un dettaglio dell’opera “Madre Blu” del pittore Fulvio Di Piazza.

“Abbiamo ambientato questo disco in una condizione atemporale, sia da un punto di vista musicale che testuale, cercando di stare lontani dai riferimenti contemporanei.
Abbiamo immaginato un esodo, non da una condizione geopolitica ad un’altra, quindi senza alcun riferimento diretto alle attuali migrazioni, ma da una condizione terrestre ad una condizione altra.
I testi narrano del genere umano, alle soglie di un porto, in partenza verso uno spazio indefinito: abbiamo immaginato l’ambientazione in un luogo geografico particolare come l’Egitto, con tutto l’esoterismo che si porta dietro.
Da un punto di vista musicale, l’isolamento ha giocato un ruolo preponderante: siamo stati un anno al lavoro, di cui sette mesi reclusi in varie case di campagna disabitate, dove abbiamo montato il nostro studio mobile, lontani da ogni contesto urbano e metropolitano.
La nostra ricerca musicale si è mossa al largo delle mode dettate dai messia nazionali e transnazionali, legati all’esigenza di costruire i nostri suoni in maniera istintiva ed artigianale, “derattizzando” le nostre coscienze dal mondo musicale di oggi.”

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