Un’estate da baciare: Fiume Rock Music Festival 13/8/2017

A cura di Antonio Bastanza

© Antonio Bastanza

Sono quasi le due della notte tra il 13 e il 14 Agosto quando Marina Rei e il fido chitarrista che lo accompagna raggiungono sul palco Giorgio Canali.
È tardi e il gruppetto di irriducibili che è rimasto fin qui ad ascoltare il concerto di Giorgio, preceduto dalle esibizioni di Marina e di uno Scarda in ottima forma, sta per essere baciato da una versione di “Precipito” davvero inaspettata, anche a guardare la faccia di Marina che si aspettava una canzone diversa da quella che Giorgio attacca.
E viene fuori una esibizione divertita da parte dei tre musicisti, spontanea e diretta, che ti conquista al di là di ogni possibile discorso sulla qualità tecnica dell’esibizione, è praticamente un’ improvvisazione.
Arrivo nello spazio concerti del lungomare di Fiumefreddo che Scarda ha cominciato da poco a suonare  e la Juve ha già perso la prima coppetta dell’anno (ridete ora che poi avrete poco da ridere ragazzi…), l’aria è fresca, il caldo asfissiante dei giorni scorsi sembra solo un ricordo, l’estate è nel suo cuore e tanti iniziano proprio oggi le loro ferie, esattamente come me.
Attraversiamo la passeggiata del lungomare spostandoci verso il palco in mezzo a un nug0lo di famiglie che impegnate nella loro uscita serale, di ragazzi che si prendono in giro, di gente intenta a sbirciare nelle bancarelle e altra ancora seduta nell’area food appena prima della zona concerti che semplicemente hanno approfittato della serata per ingurgitare un panino con salsiccia e patate, grande classico delle serate all’aperto calabresi. Lo spazio è grande e ordinato per cui riesco a spostarmi più o meno distante dal palco con facilità nonostante il buon afflusso di pubblico.

Scarda conquista con facilità il pubblico che lo sta ascoltando: la capacità comunicativa delle sue canzoni è grande e questo rende forte l’impatto che hanno sulla gente.
Il suo set scivola via che è un piacere, la performance in trio è eccellente grazie anche all’alchimia tra i musicisti sul palco che è evidente.

Giusto il tempo di un breve intermezzo con i saluti di rito e i ringraziamenti a chi ha collaborato alla realizzazione delle tre serate del quarto anno del Fiume Rock Music Festival e sale sul palco Marina Rei.

© Antonio Bastanza

E qui mi tocca aprire una parentesi sulla mia stima sconfinata, prossima all’amore, per un’artista che si è evoluta continuamente, proponendo in ogni disco qualcosa di diverso, con un songwriting caldo e curato come ce ne sono pochi in Italia, senza curarsi delle mode musicali del momento ma mantenendo una propria identità che è forte e riconoscibile ogni volta.
Un’artista dalle mille collaborazioni: dal percussionista Trilok Gurtu ad Appino,  Pierpaolo Capovilla e Giulio Ragno Favero passando per gli artisti/amici della scena romana con cui ha condiviso più volte i palchi di tutta italia, che hanno arricchito il suo stile e la sua personalità musicale e il suo innato senso per la musica pop, nell’accezione migliore del termine.
Non prendetemi per matto se vi dico che vedo in Marina Rei la sensibilità e l’approccio di Paolo Benvegnù, via, verità e vita della musica italiana.
Magari è solo un’impressione mia, magari è per la meravigliosa sorpresa dell’accorgersi che la cantante romana è forse l’unica a non sfigurare quando interpreta le canzoni del nostro Paolone, canzoni che vanno cantate col cuore e con l’anima, e non solo con la voce: se non ci credete andatevi a rivedere il set del Primo Maggio 2017 e poi ne riparliamo.

Il concerto di Marina Rei, accompagnata alla chitarra da Giorgio Maria Condemi e al basso da Fabio Fraschini, è caldo come l’estate e fresco come il vento di questa notte, potente quando si siede dietro la batteria, e la chitarra e il basso assecondano il suo drumming e delicata quando imbraccia la chitarra acustica e il set si trasforma in un unplugged intimo e raccolto. La scaletta asseconda un po’ tutti, dagli irriducibili della prima ora a chi l’ha amata nella sua sterzata indie, con i brani dell’ultimo, bellissimo, album “Pareidolia”.  Marina parte subito forte con brani come “Sole” e “L’errore” fino alla splendida e intensa “Donna che parla in fretta”, ispirato da un brano della poetessa americana Anne Waldman, per poi rallentare con le versioni acustiche di brani “Inaspettatamente”, Portami a ballare” e “I miei Complimenti”.    Riprende poi ad accelerare fino al bis con due dei suoi brani più famosi “Al di là di questi anni” e una tiratissima “Un inverno da baciare” con la quale lascia il palcoscenico a Giorgio Canali tra gli applausi di un pubblico più che soddisfatto per l’esibizione.

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Si, quel Giorgio Canali, lo sciamanico chitarrista di CCCP, CSI e PGR, il produttore di alcuni tra i più importanti dischi italiani degli ultimi venti anni, il poeta spigoloso e corrosivo che con i suoi Rossofuoco ha segnato pagine memorabili della musica italiana con canzoni indimenticabili.

© Antonio Bastanza

Giorgio si esibisce da solo con la chitarra, e se questo per molti costituisce un limite, un esibizione scarna e priva di fronzoli, non fa altro che esaltare il carisma dell’artista romagnolo e la potenza espressiva delle sue canzoni. Ironico e Dissacrante, da “Nostra Signora Della dinamite” a “Messico Senza Nuvole”, da “Quello della foto”, “M.me et Mr. Curie” e “1,2,3 1000 Vietnam”, Canali ha fatto qualcosa che assomiglia più a una messa rock che a un semplice concerto, con il pubblico, o almeno quello rimasto come l’ironico e dissacrante chitarrista ha fatto notare, emozionato e partecipe dell’esibizione come raramente mi è capitato di vedere.
Giorgio Canali è senza dubbio un maestro, per quello che canta, per come lo canta, per la sua attitudine e la passione. Poter seguire un suo concerto è, a tutti gli effetti, prima che un piacere, un privilegio, che, probabilmente, in pochi capiscono di avere.

© Antonio Bastanza

Giorgio, prima di salutarci, si volta e chiama i suoi due colleghi sul palco e qui torniamo dove siamo partiti e dove finisce questa storia, alle due di notte di una notte di musica che è cominciata chissà quando e che ci piacerebbe continuasse ancora, almeno per una canzone in più e una ancora.
Ma non si può, perché beh, è ovvio e un po’ banale ma, tutte le cose belle finiscono e alcune finiscono proprio perché magari devono essere raccontate.
Questa è una di quelle, una di quelle che ti va di raccontare anche se non te lo ha chiesto nessuno, e nessuno sapeva che l’avresti raccontata.

Una storia scritta per me, per ricordare quello che è stato, e per te che non c’eri e che ora sai cosa ti sei perso in questa notte d’estate.

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