Cos’è successo al Fabrique di Milano per l’unica data italiana di Anderson .Paak & The Free Nationals

A cura di Francesca Lotti

 

Brandon Anderson .Paak, classe ‘86, ha iniziato a suonare la batteria all’età di 11 anni nella chiesa della sua città natale, Oxnar, California del Sud. Dopo i primi due album rilasciati sotto il nome di Breezy Lovejoy (O.B.E. Vol. 1 e LOVEJOY, 2012), l’artista pubblica col nome di Anderson .Paak Venice (2014), Malibu (2016) e Yes Lawd! (2016).

L’ultimo album – Oxnard (2018) – ha segnato la consacrazione di Anderson .Paak fin dal suo annuncio, grazie anche alla produzione firmata Dr. Dre e alle collaborazioni con giganti della scena quali Snoop Dogg, Kendrick Lamar, J. Cole e Pusha T., solo per citarne alcuni.

Lunedì 25 Marzo il rapper-batterista è tornato a Milano per la seconda volta, accolto da un Fabrique sold out ed un pubblico in fermento.

Ad aprire il live Tayla Parx, classe ‘93 e già una carriera di tutto rispetto alle spalle. Definita da Vogue America la Wunderkind dell’industria musicale contemporanea, ha già scritto e prodotto brandi per icone pop mondiali come Alicia Keys, Ariana Grande e Nicki Minaj.

Salita sul palco saltando da una parte all’altra col suo caschetto azzurro, sprigiona un’energia notevole e dimostra di avere una voce e un talento straordinari cantando alcuni pezzi del suo primo album – Tayla Made. Fa sorridere il pubblico più volte quando commenta i brani, come quando introduce Mama Aint Raise No Bitch.

Tayla si ferma poi sotto il palco a parlare con il pubblico della prima fila e ci resterà a godersi parte dello spettacolo di .Paak.

 

Segue una lunga – a tratti lunghissima – pausa, ma il ritardo del concerto è subito ripagato da un’apertura clamorosa: .Paak & The Free Nationals iniziano il live dietro ad un telo da cui si intravedono solo le sagome del gruppo che spiccano solennemente su uno sfondo rosso, trasportando il pubblico in un’altra dimensione. Paak atterra poi sul palco per il secondo pezzo e da lì è un climax continuo.

Tra chi canta ogni brano a memoria e chi si lascia trascinare da .Paak in salti e coreografie, sono tutti rapiti dall’artista in un vortice di rap, R&B e funk.

Anderson .Paak è capace di tenere il palco con la stessa energia per tutta la durata dello show, e a rapire il pubblico, d’altra parte non si vede tutti i giorni un rapper che suona la batteria – tra l’altro sopraelevata e completamente rivestita da specchietti che si infiamma come una disco-ball. Ma l’artista non si limita a questo e si lancia sul pubblico sulle note di Saviers Road, cantando praticamente tutto il pezzo oscillando sulla folla e mandando tutti definitivamente in estasi.

Tra un pezzo e l’altro, non manca di ricordare la recente vittoria del Grammy (vinta per la miglior performance rap con Bubblin) senza presunzione ma visibilmente orgoglioso ed emozionato.

Sul finire dello show ricorda poi Mac Miller, (il rapper e produttore ventiseienne americano scomparso a settembre 2018 per una presunta overdose) intonando il coro We love you Mac! We Miss you Mac!

A due date dalla fine del tour, Anderson Paak & The Freenationals hanno regalato al pubblico di Milano uno spettacolo che pochi artisti sanno tenere in piedi.

L’artista ha già annunciato un nuovo tour a maggio, “the Best Teef In the Game Tour” con ospiti del calibro di Thundercat e Mac de Marco che, purtroppo per noi, prenderanno parte solo alle date americane. A questo punto, non ci rimane che fare il conto alla rovescia per l’uscita di Ventura, il nuovo album registrato in contemporanea ad Oxnard e prodotto da Dr.Dre, prevista per il 12 aprile. Nel frattempo, ci godiamo il primo estratto uscito a marzo, King James.

 

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