Le canzoni di Daniele conquistano Cosenza – Silvestri al Festival delle Invasioni

 

A cura di Giuseppe Serpa

 

Cosenza – 16 luglio – Festival delle Invasioni

 

“Va bene cominciamo, che prima concludiamo e prima posso andare via”

Daniele Silvestri entra in punta di piedi in Piazza XV Marzo e lo fa da solo, introducendo la sua anima sul palco con poche semplici note suonate timidamente al pianoforte.

“Non è per contestare, ma la storia di cui dovrei parlare e raccontare già da molto non è più la mia.”

Questa la premessa che, nel corso della serata, si rivelerà essere il cuore dell’esibizione. Un cuore fatto di persone, di percorsi e di viaggi, in cui a guidarci saranno – insieme per l’unica occasione in questo tour estivo – otto acrobati (tra vecchie e nuove conoscenze) animati dalla voglia di divertirsi e di condividere storie.
E, proprio come un equilibrista, il cantatutore romano ci trascina immediatamente in un vortice di emozioni, dagli angoli ed i semafori sbagliati di “Ma che discorsi” agli occhi pieni di stazioni e chiese delle “Strade di Francia”, passando per il battito d’ali rapace de “L’autostrada” e, dopo tanto vagare, riconoscersi finalmente cittadini del mondo con l’intensissima “La mia casa” (tra i momenti più alti del concerto).
Contrariamente a quanto prospettabile – vista la recente uscita del nuovo album “La terra sotto i piedi” – saranno solo due i brani tratti dall’ultima fatica discografica: la sanremese e cruda “Argento vivo”, con un Silvestri (quasi in difficoltà) che ci ricorda quanto il contributo di Rancore sulle rime sia stato fondamentale, ed il singolo “Prima che”, struggente ballad impreziosita, in sede live, dalle atmosfere create dalla chitarra di Daniele Fiaschi.
L’esibizione procede per circa due ore senza sbavature e senza momenti morti: c’è spazio per il romanticismo de “Le cose in comune” e “Occhi da orientale” (cantate a pieni polmoni da una piazza tanto gremita quanto coinvolta), per gli scioglilingua di “Monetine” e “Pochi giorni” – quest’ultima arricchita dal featuring sul palco dell’amico Diodato – e per l’energia irresistibile delle hit “Gino e l’Alfetta”, “Salirò” e “La Paranza” (in cui spicca il talento di Sebastiano De Gennaro alle percussioni). Queste ultime, in particolare, si sono rivelate ancora una volta magnifici esempi della capacità del nostro di veicolare messaggi – a volte duri – attraverso un linguaggio “oscenamente pop”, in grado di coinvolgere anche i tanti accorsi a questa prima serata di “Invasioni” per pura curiosità.

Ed è proprio con le composizioni più politiche che la serata rivela tutta la forza di Daniele e dei suoi compagni di viaggio.
Come quei brani che, con il tempo, hanno involontariamente mutato il loro significato originario, trasformandosi in vere e proprie istantanee dell’attualità: è il caso dell’inaspettata “Le navi”, che – come lo stesso Silvestri non manca di sottolineare – scopre una nuova identità nei versi “lasciamo che ci spingano al di là di questo mare e non c’è più niente per cui piangere o tornare”, catturando la disperazione dei tanti che, ogni giorno, approdano sulle nostre coste in cerca di umanità.
Dopo una breve pausa, l’annunciato encore ci restituisce un Silvestri mattatore che, sulle note di “Testardo”, trascina il pubblico nel liberatorio coro romanesco “la colpa e dei tuoi baci che m’hanno preso l’anima de li mortacci tua” per poi colpire con la mai così attuale “Il mio nemico”, rinnovata da arrangiamenti che hanno il pregio di sottolinearne maggiormente la portata emotiva.
Dopo circa due ore di musica, il concerto non poteva che concludersi con l’epica silvestriana per antonomasia: “Cohiba”. Invocata dal pubblico sin dalle prime note della serata, la storia di Ernesto Guevara riecheggia prepotente nella piazza del Rendano, riempiendo ogni angolo del centro storico – tra sorrisi e pugni alzati – con l’inno, ripetuto fino allo sfinimento,

“Venceremos adelante, o victoria o muerte!”

Il viaggio è giunto alla fine, gli otto acrobati – gli otto amici – si salutano commossi sul palco tra abbracci e applausi: stasera il pubblico calabrese è tutto per loro, ma le storie di cui ci hanno parlato, le storie raccontate sul palco, da ormai molto tempo, sono – fortunatamente – anche nostre.

 

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