Ypsigrock, la festa del Santo Patrono della Musica Bella

di: Antonio Bastanza

Questo è un pezzo che esce fuori tempo massimo, come al solito, che far le cose al tempo giusto non è affatto roba per me.
Esce quando deve uscire, perchè sarebbe stato più facile biuttar giù due righe a caldo e ancor più facile lasciarsi trasportare dall’onda emotiva di una esperienza piena e serena.
E invece no, perchè non è il racconto di un concerto, o meglio di una serie di concerti, e perchè lo faccio perchè mi andava di farlo, di mettere per iscritto pensieri e idee, di lasciare una traccia che mi ricordi perchè sono andato a Castelbuono, Palermo, tra il 4 e il 6 Agosto 2022 e perchè l’Ypsigrock sia per me, d’ora in poi, la Festa del San Patrono della Musica Bella.

E lo ammetto, la mia esperienza da rookie al festival siciliano che proprio quest’anno ha compiuto 25 anni, è stata dettata più dalla curiosità che dall’interesse per i concerti in se: Perchè ci si va? Perchè chi ci è già stato non vede l’ora di andarci? Cosa ha l’Ypsigrock di così speciale?
E l’idea, forte, che questo festival fosse l’ennesimo “the Place to be” di una comunità musicale sempre più tendente all’autoreferenzialità.

Si tranquilli, anche questo pezzo finirà a tarallucci e vino, non preoccupatevi, ma ci arriveremo per tempo.

Che l’Ypsigrock sia qualcosa di unico e, opinione strettamente personale, irripetibile nella sua essenza più profonda, è chiaro fin da quando arrivi in paese, da quando risali il corso fino al castello in mezzo a una comunità in festa, che gli abitanti di Castelbuono accolgono con calore e affetto.
La sensazione di essere come a casa è forte e immediata, andare all’Ypsigrock è come diventarne parte, come diventare abitante di un non posto, un Festival, che ha radici profondissime tra le vie del luogo che lo ospita.
Non sembra di esser sul punto di assistere a un concerto, di partecipare a un festival, a un evento in cui qualche migliaio di persone si riverserà in uno spazio ad ascoltare musica.
Nessuna fila per ritirare i braccialetti/abbonamento, nessun percorso obbligato, controlli sereni, rapidi eppure accurati all’ingresso del Castello, cibo e bevande acquistabili ovunque in giro per il paese: altri posti in cui gustare una granita alla mandorla prima di un concerto in transenna ne abbiamo?
Poi, beh, quando leggete che Castelbuono è un gran bel borgo e che il Castello è un posto fantastico in cui ascoltare un concerto, così come il Chiostro di San Francesco, che ospita i set pomeridiani, sappiate che è indiscutibilmente vero, che siate giovani o meno, con o senza famiglia al seguito.

Che l’Ypsigrock sia, musicalmente, una realtà clamorosamente avanti nel panorama italiano poi non ci vuole molto. Artisti affermati o meno, Band in rampa di lancio o con una prospettiva interessante davanti, rock, pop, indie, rap, dance e chi più ne ha più ne metta: la musica dell’Ypsig è trasversale e senza barriere e una delle chiavi del suo successo venticinquennale è proprio la capacità di mostrare il lato migliore della musica, quello privo di preconcetti e pregiudizi.
L’abilità dell‘Associazione Glenn Gould nel saper mettere insieme questi ingredienti è unica e la dimostrazione migliore è stato il set di apertura realizzato dopo una residenza artistica cui hanno partecipato Penelope Isles, Godugong e la visual artist americana Ionee Waterhouse e che ha portato alla realizzazione di tre brani ispirati a Castelbuono e ai luoghi che lo circondano, dai boschi delle Madonie al mare verso cui si affaccia.
Avere un pubblico festante dopo il karaoke degli Afterhours firmato Agnelli così come per la magica esibizione dei The Flaming Lips, lo scatenato set degli Yard Act, le sognanti atmosfere dei Penelope Isles tanto quanto per il Pop che più pop non si può, con tanto di balletti ad hoc, di  (una che è stata miglior disco del 2021 per un bel po’ di giornali inglesi, eh) è la dimostrazione che la gente dell’Ypsigrock è libera e autentica come nello spirito che guida gli organizzatori.

Ypsigrock è la Festa del Santo Patrono in un paese del Sud, esattamente come me la ricordavo da bambino e come vivere in comunità più grandi ti fa perdere di vista.
È la gente che si riversa in strada, è quelli che stanno fuori che tornano apposta, è la vicinanza e la comunione tra le persone in virtù di qualcosa che li unisce, profondamente.
È qualcosa che ha a che fare con se stessi e le proprie radici, con ciò che si è e che non si dovrebbe mai dimenticare, un bagno nell’essenza di quello che ci fa star bene e ci rende felici.
Non sarà figo come dire che è Natale, come fanno in tanti, ma lo trovo più vero e autentico, proprio come Ypsigrock è.

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