A cura di Marlene Chiti
Firenze, 16 Novembre 2018
“I am here to give you something to open your chest with”
Carla dichiara attraverso la copertina del suo sito ufficiale, e se l’ultimo lavoro pubblicato porta il titolo di Quieter, tuttavia riesce difficile immaginare qualcuno di meno calmo di questa donna minuta avvolta in un abitino nero che ne mostra le ginocchia da bambina esaltandone al contempo la motilità continua, i piccoli movimenti inquieti come i calci improvvisi. La cronaca ci racconta di un problema ad un orecchio sorto durante l’incessante attività in tour degli anni passati che ha costretto l’artista ad un riposo forzato inducendola a recuperare idee, canzoni, musiche abbozzate nel corso degli anni ma mai rifiniti, materiali definiti come “the quieter stuff (relatively speaking) in her abundant archives”.
Di quieto però in questo live c’è poco. Carla è magnetica. Come molti dei colleghi a cui spesso la critica affianca il suo nome, su tutti Nick Cave e l’amica Lydia Lunch, le bastano pochi gesti per catturare l’attenzione e la sua attitudine la porta a ricercare un contatto ravvicinato col pubblico, anche uno sparuto e, a tratti, pare timoroso come quello di questa serata fiorentina. D’altra parte un’intensità espressiva come quella della Bozulich può essere assieme attraente e respingente quando ti si abbatte addosso in piena forza.
I brani scorrono quasi senza soluzione di continuità, distorsioni, squarci elettrici, la voce espressiva ora quasi sussurrata ora urlata, la moltitudine di effetti con cui Carla gioca in continuazione. Un po’ oltre la metà del set prova a rompere l’attenzione distaccata di parte del pubblico invitandolo ad avvicinarsi e iniziando ad impreziosire il concerto con piccoli aneddoti come quando nell’eseguire Wild is the Wind racconta di averla scoperta a tredici anni nella versione di Bowie e di aver lungamente pensato che quella fosse la versione originale finché ha scoperto l’interpretazione di Nina Simone, precedente rispetto a quella da lei conosciuta, fino a risalire solo di recente all’originale di Johnny Mathis. A seguire, una dilatata e squassante versione di Hello,Voyager, dall’album omonimo uscito a nome Evangelista, durante cui lascia la chitarra per percuotere violentemente un tamburo e urlare al mondo che:
When there’s no hope
When there’s no hope left
There’s only one word
One word
One word that hasn’t dried on your parched lips
Can you say it with me?
Can you say it with me?
Can you say it with me?
The word is love!
The word is love!
The word is love!
LOVE!!!
L’atto finale è l’esecuzione quasi improvvisata, il testo annotato su un tovagliolo di fortuna, di Marmalade, una ballata dal sapore alternative country risalente alla militanza nei The Geraldine Fibbers, band di cui Carla è stata leader negli anni novanta e di cui sono stati recentemente ristampati gli album in vinile.
In questo breve tour europeo che tocca Italia e Germania Carla Bozulich è accompagnata da due musicisti: Don The Tiger & Andi Stecher.
Il concerto è stato organizzato da La Chute, associazione culturale che da tempo cura il cartellone dei live negli spazi del Circolo Arci Progresso e che quest’anno ha già portato a Firenze nomi del livello di Howe Gelb e Steve Wynn.
di +o- POP