Non una di meno: la pioggia non fermerà la marea

Parole di Serena Coletti
Foto di Gloria Imbrogno

 

Sabato a Roma si cantava e si ballava ma no, non era per un concerto. Sabato 24 novembre si è svolta a Roma la manifestazione nazionale organizzata da “Non Una di Meno” contro la violenza sulle donne. Il cielo era coperto, non prometteva bene, ma, come ha giustamente scritto qualcuno “La giornata è grigia ma la coloriamo noi”.

E così è stato: I titoli delle principali testate d’informazione riportavano “In migliaia alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne”. Ecco, mi dispiace dover smentire i giornalisti, ma sabato in strada eravamo molti di più, un numero che oscilla tra 150’00 e 200’000. Hanno sentito il bisogno di manifestare donne e, per fortuna, uomini di ogni età, romani e non solo (sono partiti pullman da 29 diverse città): sono loro la marea femminista che attraversa l’Italia.

 

 

La notizia triste è che, nonostante tutte le persone che continuano a non capire l’utilità di un movimento femminista dopo il suffragio universale, di motivi per manifestare sembrano essercene ogni anno di più. “Non Una di Meno” ha indetto questa manifestazione alla vigilia della “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, per ricordare ancora una volta che non è normale in un paese che pretende di essere democratico che ogni 72 ore una donna venga uccisa e che l’80% di queste morti siano commesse da persone che la vittima conosceva, che non è normale che venga messa in dubbio la libertà di una donna di decidere come comportarsi di fronte alla gravidanza che lei deve sostenere, che non è normale che una donna brillante sia nel 2018 ancora schiacciata da un invisibile tetto di vetro che le impone un salario mediamente inferiore rispetto a quello di un suo collega di pari livello, che non è normale che una donna debba avere paura perché torna a casa da sola, che non è normale che si trovino giustificazioni per chi violenta le donne e che ancora meno è normale che queste giustificazioni colpevolizzino le vittime. Che non è normale che tutto questo sia normale.

La protesta si è svolta in un clima tranquillo e festoso come dovrebbe sempre essere un corteo, ma questo non smorza certamente la rabbia dei manifestanti verso una società ancora iniqua nei confronti delle donne, una società che continua a giudicare le persone in base a come sono nate invece di concentrarsi su quello che scelgono di fare nella propria vita. Uno dei cori preparati per la manifestazione recita:

“Lo stupratore non è un malato

ma il figlio sano del patriarcato”

 

 

Questa è una verità assoluta, non c’è bisogno (solo) di punire una singola persona ma di rivoluzionare la mentalità di una popolazione, di scardinare preconcetti che sono radicati nella società. Come tutti i cambiamenti di questa portata, ciò richiede tempo, ci vuole la pazienza di procedere facendo un passo alla volta e, in tempi più difficili, almeno di evitare passi indietro. Perchè una rivoluzione può essere istantanea, irruente, ma non sarà riuscita fino a quando non avrà coinvolto tutti i cittadini.

In questo senso è quindi certamente una vittoria il fatto che non ci fossero in piazza bandiere o simboli di partiti che potessero politicizzare una protesta che deve necessariamente essere universale. Eppure trovo vergognosa la quasi totale assenza delle istituzioni. Per chi lavora in parlamento o al Campidoglio non sarebbe stato poi così faticoso partecipare a una manifestazione che partiva da Piazza della Repubblica e finiva a San Giovanni. Invece questa assenza è significativa di una politica che non pensa di aver tempo per battaglie secondarie come quelle per i diritti umani, o che, peggio ancora, decide di ostacolare le conquiste di queste lottatrici, chiudendo i centri anti violenza, dissuadendo le donne dal portare avanti una separazione quando il padre dei loro figli si dimostra un uomo violento, consentendo una sostanziale non applicazione della legge 194 in moltissime regioni del paese o addirittura promuovendo iniziative che questa legge mettono in discussione.

 

 

Per fortuna la marea femminista è una vera  e propria forza della natura, e non ha bisogno del sostegno di nessuno per la sua avanzata. Un abbraccio va quindi a tutte le donne, belle, incazzate e forti,  che questa marea femminista l’hanno generata e alimentata, a tutte coloro che ieri gridavano:

“Insieme siam partite, insieme torneremo

Non una, non una, non una di meno”.

 

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