[Recensione] Il nostro corpo è l’ultima casa accogliente: nuovo album di The Zen Circus

© Magliocchetti

The Zen Circus

L’ultima casa accogliente

(Polydor/Universal)

 

TRACKLIST:
01_Catrame
02_Appesi alla Luna
03_Come se provassi amore
04_Non
05_Bestia rara
06_Ciao sono io
07_Cattivo
08_2050
09_L’ultima casa accogliente

 

A cura di Renata Rossi

 

L’ultima casa accogliente” è il titolo del nuovo album di The Zen Circus che esce oggi tredici novembre per Polydor/Universal a due anni di distanza da “Il fuoco in una stanza” (qui la nostra recensione del disco).
La band, formata da musicisti dalla forte personalità, Appino alla voce, Ufo al basso, e Karim Qqru alla batteria, e i sodali  Francesco “Il Maestro” Pellegrini e Fabrizio “Il Geometra” Pagni, dopo 10 album, un Ep, la partecipazione a Sanremo, un libro e decine e decine di concerti in giro per l’Italia, è sicuramente diventata una realtà importante del rock italiano.
Appino non ha bisogno di una gran voce per cantare: riesce ad attirare consensi ponendosi a giusta distanza tra il cantautorato italiano e il nuovo indie. Il cantante pisano appare sempre un fiume in piena capace di travolgere il pubblico durante i suoi live: spara a raffiche sentenze, slogan, moniti che riescono ad entrarti in testa dopo uno/due ascolti; le storie che racconta sono personali ma riguardano in qualche modo anche i fan, quel gesto offerto, quella sofferenza provata, l’amore perso, entrano a far parte della vita di chi lo ascolta.

 

 

La ricetta del nuovo album non è nuova, ancora oggi il segreto degli Zen sembra essere quello di possedere la capacità di trasformare canzoni in inni, riff di chitarre in catarsi, pur se ormai da tempo manca quella rabbia punk degli esordi. La collera si è affievolita e tende al pop, ma ad un pop sincero che arriva in maniera diretta ad un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.
Il tema affrontato col nuovo lavoro, come rivela la copertina dell’album in cui Appino e soci appaiono a torso nudo, è il corpo, con le sue cicatrici e le sue debolezze, capace di diventare anche rifugio, una casa accogliente cui tornare sempre.

Il disco è musicalmente eterogeneo e libero da schemi preconfezionati.

Catrame apre il disco con una prima parte a cappella e un susseguirsi di racconti emozionali alla Zen Circus con un finale che  vuole omaggiare una band culto italiana, i CCCP

sei tu, sei tu, e chi può odiarti di più?

Appesi alla luna è una ballata adolescenziale malinconica e fragile, da cantare durante un falò ondeggiando “gli accendini”

Siamo accendini senza sigarette/ siamo fame e sete / siamo dei gradini / fra le salite e le discese/ di un milione di miliardi di destini / Appesi alla luna/ sopra Lisbona

Il rock chitarristico della band lascia un più ampio spazio all’elettronica in Bestia rara, che si conclude con una coda musicale dirompente che sarà interessante ascoltare dal vivo.

Ciao sono io è un brano interessante che si muove tra il blues e l’ronia, tra la leggerezza e suggestioni malinconiche, tra l’America fumosa e gli affetti familiari cantati da Rino Gaetano.

Il disco si chiude con la title track che racconta emozioni, amore, coinvolgimento tra anime e corpi affini, in un’atmosfera avvolgente e surreale che viaggia tra suggestioni psichedeliche e progressive anni ’70.
In più, scusate se è poco, il testo del brano contiene un barlume di speranza:

E se Dicembre è il mese della fine / per noi è l’inizio, come Gesù Cristo / in questo bosco, dentro a questa casa risorgeremo / e sulla notte torna il sereno

In questo periodo in cui tutto sembra ormai finito, distrutto, incenerito, abbiamo bisogno di qualcosa a cui aggrapparci: ancora una volta è la musica a venirci incontro nell’attesa che il peggio giunga al termine e ci si possa rivedere ed emozionare sotto un palco.

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Intervista a Ufo

 

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