[Interviste] “Ucraina, appunto una guerra” Fabio Izzo in viaggio tra le miserie umane di un conflitto senza vincitori

A cura di: Antonio Bastanza

È disponibile in libreria e nei principali bookstore online “Ucraina, appunto una guerra. La vita scorre fuori dai margini” il nuovo libro di Fabio Izzo, pubblicato da Il foglio letterario edizioni.

Classe 1977, originario di Acqui Terme (Alessandria), ha vissuto tra Italia, Finlandia e Polonia. La cultura e la letteratura di quest’ultimo Paese, in particolare, hanno lasciato un segno profondo nelle opere di Izzo, che si è cimentato nella traduzione della poesia dal polacco e ha messo la Polonia al centro della graphic novel “Uccidendo il secondo cane” (Oblomov 2019), realizzata insieme a Valerio Gaglione, candidata al Premio Strega e poi pubblicata anche in Francia. Izzo è stato scoperto dalla casa editrice Il foglio letterario con il suo primo romanzo, “Eco a perdere”, pubblicato nel 2005: un mix di autobiografia e riflessioni notturne.

Ne sono seguiti altri 7, editi da Il foglio letterario e da Terra d’ulivi, senza contare racconti e traduzioni varie. Un portfolio di bizzarre storie d’amore e punk estremamente colte, con atmosfere quasi sempre dissacranti e sarcastiche. Candidato dallo scrittore e accademico Predrag Matvejevic al Premio Strega nel 2014 con il suo romanzo “To Jest” (“Questo è”, in polacco), nel 2022 a cavallo tra febbraio e marzo si è recato in Polonia per prestare opera di volontariato e per raccontare quanto visto in una serie di articoli, pubblicati su “L’ancora” settimanale cattolico.

Cracovia, febbraio 2022. Un esodo biblico invade la città. Un triste fiume di gente in fuga dalla guerra che vaga senza meta, dorme allo stadio o in stazione, tra la ricerca di un alloggio e di un’offerta di lavoro. Un fiume che si agita alla ricerca di documenti, passaporti e soldi, euro, złoty e dollari. Un moto continuo da Est verso Ovest alla ricerca della salvezza, alla mercé di approfittatori e burocrati che nel disfacimento globale riescono a trovare sempre nuove procedure per etichettare, classificare, registrare, tradire e sfruttare per poi dimenticare e abbandonare queste persone al loro destino.

“Ucraina, appunto una guerra. La vita scorre fuori dai margini” racconta la storia di un popolo attraverso le testimonianze di chi è sopravvissuto a un passato terribile.
Sono le vicende di un’umanità semplice, degli uomini e delle donne comuni che resistono nonostante un presente inquietante, a guidare Fabio Izzo, tra citazioni musicali e fumettistiche sparse qua e là, in questo mockumentary letterario.

“Ucraina, appunto una guerra” è un titolo dal doppio significato. Il conflitto (l’operazione speciale o guerra, per l’appunto) viene qui raccontato attraverso l’odissea vissuta in prima persona dal protagonista, un rifugiato che attraversa il suo paese bombardato per raggiungere la vicina Polonia. Qui, in terra straniera, finirà emarginato, a raccogliere storie, come quelle di Mila, Margot e altre, per evitare che vadano perdute, e a raccontare quel che poteva essere, ma che non è stato.

Approfittando dell’uscita del suo nuovo libro abbiamo chiacchierato un po’ con Fabio

– Bentornato su Piuomenopop , Fabio. Partiamo dall’inizio: Qual è il significato profondo del titolo del libro?

In realtà il titolo è stato l’ultimo dettaglio del libro, posso dire che è nato da sé, come il libro stesso in realtà. Una volta finita la prima stesura, l’editore, Gordiano, mi ha semplicemente richiesto di utilizzare, per ovvi motivi la parola Ucraina e di getto, senza pensare, mi è venuto fuori “Appunto una guerra”. All’inizio veniva definita come “operazione speciale e non come una guerra, per l’appunto. Tra le tante figure che hanno attraversato la vicenda c’è anche una famiglia italo-ucraina che vive in Finlandia. Parlando con loro si è creata la definizione, erronea ma spontanea, da neo lingua, di appuntare, prendere appunti. Però sì appuntare è sinonimo di fissare e, alla fine ho voluto fissare su carta tante cose di questa esperienza, per non dimenticarla. La vita scorre fuori dai margini, il sottotitolo, è invece una frase presente nel libro che ben descrive il tutto.

– Introduci il romanzo con alcune citazioni particolari: Milan Kundera, Platone, Lois Lane e Conan il Barbaro. Nelle espressioni si parla di memoria, di cultura, di anima, di mondo. Perché ha optato per questi riferimenti e qual è il loro significato?

Mi piacevano e nell’insieme costruiscono un bel quadro letterario. Quello di Conan (“Crom non risponde alle preghiere e il suo culto non fornisce benefici”) è sull’aiuto divino, Lois Lane ci invita a fare di più come essere umani, Milan Kundera parla de

Chi è Yosip, il protagonista del libro? Cosa spicca maggiormente in lui e perché la scelta di raccontare proprio la “sua storia”?

Ho raccontato la sua storia per far sì che non vada dimenticata. Nelle poche dediche che feci a suo tempo sul mio libro, uscito ormai anni fa, Eco a perdere, usavo un’espressione, cioè” Affinché nessun’Eco vada perduta”. Questo è un po’ il mio percorso letterario. Quando un anno fa partii per la Polonia non sapevo cosa aspettarmi. Partii perché sapevo che, forse, quel mondo a me vicino, che ho sempre amato, non sarebbe più esistito. La guerra è distruzione, lì dove arriva. La stessa Polonia che conoscevo io è molto cambiata, ha risposto in maniera decisa e forte, aiutando i rifugiati, facendo del suo meglio. Il protagonista del libro è la somma di tante persone incontrate, di dettagli rubati da ognuno di loro. Realtà che, a mio parere non devono andare perdute

– Intorno a Yosip ruotano altri personaggi secondari, sia maschili che femminili. Sei particolarmente legato a uno fra essi?

Non vorrei dimenticarne nessuno, comunque Adam, Mila e Margot sono sicuramente quelli più vivi all’interno del romanzo. Adam è una figura paterna, un essere mitologico, una persona che pur rimettendoci tralascia il rancore e cerca di fare del bene di tenere su il morale del popolo. All’epoca, soprattutto a Przemyśl, c’era di tutto (anche Salvini). C’erano tanti volontari, pizzaioli, parrucchieri, venuti da tanti luoghi a cercare di fare del bene. Adam è un po’ tutti loro. Margot è una ragazza che incontrai in un bar. Inutile dire che attirò la nostra attenzione perché piangeva, pianse per mezz’ora dal nostro arrivo e purtroppo, pianse anche quando ce ne andammo.

Già nelle prime pagine si legge “Il pericolo più grande qui è la noia. Vero è che se non si muore in guerra, non si muore di sicuro di noia. La noia però ti assale ed è difficile credere, sperare in qualcosa o in qualcuno in questa situazione dove si è costretti a dipendere solamente dagli altri…” Queste parole riportano ad una situazione d’immobilità, di dipendenza dagli altri …perché si è profughi e null’altro si può fare. La fuga dalle proprie terre è solo questo o include altre sofferenze?

Non è solo questo ma nella fase iniziale è sicuramente questo perché nessuno riesce a pensare a un’entità estratta come il domani. Si è grati di esseri vivi, ma si vive in un presente infinito.
Un presente fatto di dipendenza e di impotenza. Stranamente, la sofferenza del “domani” se mi è consentito chiamarla così, arriva dopo. Con il trascorrere del tempo si realizza una nuova condizione. Ci si cristallizza. Perdonatemi la licenza. Il passato rimane cristallizzato in un tempo che non scorre. Ho visto persone scoppiare a piangere, apparentemente senza motivo, perché ricordavano cose, attimi, luoghi, perduti per sempre. Consapevoli di aver perso tutto rendevano di cristallo le loro lacrime

– Parli di sentimenti , ad esempio del pianto che definisci “condizione comune”. Questa manifestazione di tristezza che valore ha nel protagonista, un uomo di quarant’anni?

Direi che la nostra società piange poco e male. Piange per cose prive di valore, piange per delle cose appunto. I sentimenti sono sempre più relegati ai margini.

– Attraverso Yosyp racconti dell’amore per i libri ma anche di una realtà digitale.

Yosyp è un dinosauro analogico e in questo lo invidio. Io sono costretto a digitalizzarmi a digitalizzare una cosa. Un mio compagno delle medie che ha una falegnameria un giorno mi disse “Io volevo solamente lavorare il legno, adesso mi tocca usare il computer”. In questo un po’ invidio Yosyp perché non ha più nulla da perdere, può permettersi di mancare un aggiornamento mentre noi rincorriamo ogni capriccio digitale

– C’è ancora spazio per la speranza per Yosip e per le tante persone come lui? E’ forse la scrittura ad avere maggior potere salvifico?

Sono tempi di sconforto, Yosyp stesso non nutre grandi speranze. Si scontra con realtà e con persone a lui incomprensibili. Per lui la scrittura non è salvezza, non c’è nulla in fondo da salvare, ma semplice testimonianza.

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ti sei recato in Polonia a prestare opera di volontariato. Che cosa ha portato con te in Italia al ritorno da un’esperienza così intensa?

Un paio di calze, con dei paczek sopra (ciambelle polacche) che mi sono state regalate alla mia partenza da una famiglia ucraina.

 

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